Italia Metafisica di George Tatge

22 febbraio 2015 - 22 marzo 2015

Dopo la grande rassegna ‘Presenze-paesaggi italiani’, inaugurata in questa stessa sede nel 2008 e dedicata alle trasformazioni del paesaggio italiano, il maestro propone ora una nuova serie di 66 fotografie una decina delle quali di grandi dimensioni, anche questa volta eseguite in tutta l’Italia, sul tema delle tracce dell’ operare dell’uomo sul territorio. Ma il rapporto tra la Natura e l’Uomo lascia il posto al solo protagonista Uomo, ovvero alle sue realizzazioni, con tutti i significati sociali, industriali e religiosi che le connotano. Dalle costruzioni romane ai condomini periferici, dalle chiese rinascimentali alle fabbriche dimesse, l’uomo ha lasciato ovunque la sua profonda impronta. Frammenti della realtà, giustapposizioni bizzarre e surreali, aperte, attraverso l’ambiguità del contenuto, all’interpretazione di chi guarda le immagini.

Alcuni spazi ritratti da Tatge possono ricordare le visioni dei pittori che hanno lavorato nel primo Novecento, ma il termine Metafisico è stato scelto, in questo caso, per sottolineare l’intento dell’autore di utilizzare un luogo fisico per esprimere un concetto astratto o un particolare stato d’animo. L’attenzione dei Surrealisti per i simboli, per l’inconscio e per la complessità dello psiche si ritrova in altre immagini di Tatge, fotografo noto per la poetica del suo sguardo. La poesia, arte del frammento quanto la fotografia.

Dopo Villa Bardini la mostra sarà trasferita in varie città, come è avvenuto per ‘Presenze’ che è stata esposta a Trieste, Perugia, La Spezia, Roma e a Parigi. Il catalogo è edito da Contrasto (Roma) con testi di Diego Mormorio e Carlo Sisi.

L’Italia di Tatge, osserva Mormorio, è un Paese ‘’di tracce eclatanti, ma anche di piccoli segni indubitabilmente italiani, per i quali il fotografo, già da tempo, ha mostrato una sensibilità particolare, un tocco da maestro. Ricordo, perché indimenticabili, ad esempio, i suoi orti. Bellissimi, odorosi quasi. Piccoli e ricavati fra le pieghe, ma che sembrano invitarci a camminarci in mezzo,  mentre purtroppo ci tocca solo accarezzarli con l’occhio, da lontano, attraverso la fotografia. Una volta visti, però, questi orti di Tatge, li si andrà un po’ a cercare, così come forse si potrà andare a cercare – e trovare – la luce che passa attraverso la Porta Etrusca di Perugia nella fotografia che in questo libro è quasi all’inizio. In questo modo, dalle immagini, oltre che un invito – o meglio, una serie di inviti – noi  riceviamo una promessa. Dalla voce di una dea sconosciuta, ci sembra di udire: ‘Potrete andare lì, dove già siete. Ricordatevi di annaffiare le piante e di accarezzare con la mano le pietre’’’.

‘’La sequenza delle fotografie di Tatge – scrive nel catalogo Carlo Sisi – ci appare nel definitorio e trasfigurante bianco e nero cui il maestro ci ha da tempo abituati. Mi sembra che il significato di questo viaggio italiano manifesti davvero la convinzione poetica che l’antico, il moderno, il futuro convivano in unità creative di appartato coinvolgimento e che il deposito figurativo della storia debba essere usato come eredità, come un materiale da inventare, perennemente nuovo. Per questo i brani di città e di paesaggio, estratti come fossero parole espressive da una celebre pagina per consegnarle all’enigma metafisico dell’estraniamento, riassumono effettivamente la poetica e la tecnica di George Tatge: anticonvenzionale esteta della marginalità, archeologo delle nostre recenti sconfitte, ‘artiere’ (come piaceva al Novecento metafisico) di una realtà immaginata e vera a un tempo’’.


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